Translate

sabato 7 novembre 2015

La dolcezza nell'Odissea

Dal IX libro dell'Odissea (vv. 82-102):

Nel decimo sbarcammo in su le rive
De' Lotofàgi, un popolo, a cui cibo
È d'una pianta il florido germoglio.
Entrammo nella terra, acqua attignemmo,
E pasteggiammo appo le navi. Estinti
Della fame i desiri e della sete,
Io due scelgo de' nostri, a cui per terzo
Giungo un araldo, e a investigar li mando,
Quai mortali il paese alberghi e nutra.
Partiro e s'affrontaro a quella gente,
Che, lunge dal voler la vita loro,
Il dolce loto a savorar lor porse.
Chïunque l'esca dilettosa e nuova
Gustato avea, con le novelle indietro
Non bramava tornar: colà bramava
Starsi, e, mangiando del soave loto,
La contrada natìa sbandir dal petto.
È ver ch'io lagrimosi al mar per forza
Li ricondussi, entro i cavati legni
Li cacciai, gli annodai di sotto ai banchi:
E agli altri risalir con gran prestezza
Le negre navi comandai, non forse
Ponesse alcun nel dolce loto il dente,
E la patria cadessegli dal core.


Ulisse, dopo nove giorni di tempesta, approda al paese dei Lotofagi, i quali fanno cordiali accoglienze ai messi inviati da Ulisse e offrono loro il dolce frutto del loto, unico loro alimento con la caratteristica di far perdere la memoria e desiderio di non partirsi più di là. Ulisse deve a forza trascinare sulla nave i compagni e prendere subito il largo per evitare che tutto l'equipaggio, cibandosi di loto, dimentichi la patria e voglia fermarsi in quella terra.

Ulisse fra i Lotofagi in un disegno del XVIII secolo

Nessun commento:

Posta un commento