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sabato 24 ottobre 2015

La dolcezza del miele ibleo, una presenza letteraria

Da 2500 anni (cioè da Eschilo al Novecento) nella letteratura si parla d’Ibla, delle città siciliane così chiamate, della loro ubicazione, di fatti militari e amministrativi attinenti ad esse. Fertilità e bellezza del paesaggio, fiori, miele, api e cera, buoi, greggi, pastori, poesia e confronti con Atene e l’Attica sono motivi ricorrenti, fino a costituire un topos, un luogo comune. Gli scrittori parlano d’Ibla magari senza mai esservi stati e s’ispirano a questo luogo per similitudini o fantasie e nostalgie bucoliche. Ma c’è anche chi ne parla a fini storici, geografici, naturalistici.

Nella letteratura greca:


“Fra il miele primeggia quello attico, e di questo quello detto imettio; poi quello delle isole Cìcladi e quello della Sicilia, detto ibleo... È eccellentissimo, dolcissimo, pungente, profumatissimo, biondo, non fluido ma viscoso, e vigoroso.”
                                                                               Dioscoride Pedanio, De materia medica


Dioscoride descrisse le proprietà di ben 600 erbe medicinali e il suo trattato Sulle medicine fu molto diffuso e tenuto in considerazione per tutto il Medioevo.


Nella letteratura latina:

“Dov’è più quella tua bocca così arguta nei tuoi graziosi risentimenti, quei baci di quando abbracciavi, che avevano il profumo di primavera, quelle lacrimucce miste al riso e quella voce che, quando parlavi, aveva in sé tutta la dolcezza del miele ibleo?”
                                                                               Publio Papinio StazioSilvae

 “Volevo cantare in delicati versi il nome nato con le viole e le rose, con cui si nomina la parte migliore dell’anno, che sa d’Ibla e di fiori attici, che olezza di nidi di superbo volatile; nome più dolce del nettare divino, [...] nome nobile, molle, delicato: ma tu, sillaba, ostinatamente ti ribelli.” 
                                                                               Marco Valerio Marziale, Epigrammi


Marziale dichiara che il nome Primavera, “nome nato con le viole e le rose, con cui si nomina la parte migliore dell’anno”, sa d’Ibla: erano tanto associati i due nomi che per lui Primavera voleva dire in primo luogo bellezza (paesaggio), profumo (fiori) e dolcezza (miele) d’Ibla e grande festa primaverile della Venere Iblese.

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